creativi e autoproduzione
di Marcello Napoli –
UMBERTO ECO “NUMERO ZERO”:IL GIORNALISMO CHE NON C’È.
Eccellentissimo ac Valentissimo Umberto Eco, scrittore, professore.
Le scrivo dopo aver delibato, come un’amante attendeva lo strale dolce e cartaceo dell’amato, il suo ultimo libro “Numero zero”, edito da Bompiani.
Non Le nascondo di avere una certa dimestichezza con il mezzo televisivo, con incursioni radiofoniche, ma soprattutto con collaborazioni a quotidiani e periodici.
Non ho conosciuto un editore come quello, molto somigliante ad un altro editore-politico italiano, tal Vimercate, né una sua eminente emanazione come Simei, ma di certo ho conosciuto e forse interpretato spesso il ruolo di Colonna, cavaliere senza macchia e senza peccato e con molti sogni, desideri e una buona base culturale. Sei redattori sono la metà del numero degli apostoli, ma come le 4 dita di Topolino sono più controllabili. Se poi diamo un ruolo privilegiato a Romano Braggadocio e a Maia Fresia, i sei personaggi in cerca di lavoro diventano tre.
Lei mi dirà: “Dove vuole arrivare? E non pensi che tre sia un numero perfetto, per quanto la Trinità, la Trimurti, la divisione della psiche freudiana in una prima e seconda fase sia scandita con il numero tre.”
Voglio arrivare al punto di aver delibato il Suo libro come in una pista di discesa libera con l’inclinazione misurata, giusta per poter arrivare all’arrivo. Insomma NON v’è deliberatamente NESSUNA sorpresa, anzi una esplicita, sfacciata prevedibilità. Io la “traduco”, spero senza tradire altre e ben alte Sue intenzioni se non l’intrattenimento e qualche riflessione:
Si potrebbe continuare per molto ancora; l’amicizia, l’amore o presunto tale tra Colonna e Fresia, il rapporto padre-padrone tra editore e giornalisti e tra editore e direttore.
Non prevale la delusione o sconcerto, ma certo è lontano il tempo dell’intreccio da Rubik de “In nome della rosa”; dietro questo palcoscenico scrittorio ci sono apparenti verità condite di bugie e bugie intrise di verità. Quel velo di Maya rimane sospeso, resta la voglia affabulatoria e la presenza di un autore non solo letterario, la lezione di scrittura e il vessillo di quel che dovrebbe essere la deontologia professionale del giornalista e la maggiore libertà artistica dello scrittore.
Insomma e in finis resta il busillis sul prossimo libro, sul chi (?) e come (?)e dove (?) e quando (?) e perché (?); ma sempre Eco, Umberto Eco.
PS. Nel confezionare un romanzo non manchi mai un lieto fine e se non proprio lieto una speranza; è quanto auspicato dai giornalisti Colonna e Fresia.