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creativi e autoproduzione

febbraio 2nd, 2015
NUMERO ZERO

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di Marcello Napoli –

UMBERTO ECO “NUMERO ZERO”:IL GIORNALISMO CHE NON C’È.

Eccellentissimo ac Valentissimo Umberto Eco, scrittore, professore.
Le scrivo dopo aver delibato, come un’amante attendeva lo strale dolce e cartaceo dell’amato, il suo ultimo libro “Numero zero”, edito da Bompiani.
Non Le nascondo di avere una certa dimestichezza con il mezzo televisivo, con incursioni radiofoniche, ma soprattutto con collaborazioni a quotidiani e periodici.
Non ho conosciuto un editore come quello, molto somigliante ad un altro editore-politico italiano, tal Vimercate, né una sua eminente emanazione come Simei, ma di certo ho conosciuto e forse interpretato spesso il ruolo di Colonna, cavaliere senza macchia e senza peccato e con molti sogni, desideri e una buona base culturale. Sei redattori sono la metà del numero degli apostoli, ma come le 4 dita di Topolino sono più controllabili. Se poi diamo un ruolo privilegiato a Romano Braggadocio e a Maia Fresia, i sei personaggi in cerca di lavoro diventano tre.
Lei mi dirà: “Dove vuole arrivare? E non pensi che tre sia un numero perfetto, per quanto la Trinità, la Trimurti, la divisione della psiche freudiana in una prima e seconda fase sia scandita con il numero tre.”
Voglio arrivare al punto di aver delibato il Suo libro come in una pista di discesa libera con l’inclinazione misurata, giusta per poter arrivare all’arrivo. Insomma NON v’è deliberatamente NESSUNA sorpresa, anzi una esplicita, sfacciata prevedibilità. Io la “traduco”, spero senza tradire altre e ben alte Sue intenzioni se non l’intrattenimento e qualche riflessione:

  1. Come ha ben scritto, anche se ciò vale molto di più nella cronaca di tutti i colori e nella politica, (forse nelle relazioni-articoli scientifici ad hoc, pagati come redazionali delle case farmaceutiche) : “Non sono le notizie che fanno il giornale MA il giornale che fa le notizie;
  2. Mai credere a ciò che viene raccontato”; ma questa affermazione cela anche la possibilità logica di un “salvacondotto”, ovvero verità in forma di letteratura tanto è solo “letteratura” e come scriveva Manganelli “la letteratura è menzogna”.
  3. Tranne il costo delle macchine e la loro cilindrata o caratteristiche di accelerazione e comparazioni e poco altro nel Suo libro a volo d’uccello, a una prima veloce lettura come i fogliettoni di Dumas, Matilde Sue, che Lei e io, come molti, abbiamo amato, il disvelamento, la trama è un “semplice” girare di clessidra, dal Dopoguerra al 1992. Non c’è particolare o ipotesi nuova sulla morte di Mussolini e l’eventuale alter-Ego sacrificato e il “vero” duce son cose già dette Hitler, Osama Bin Laden e altri despoti. (Persino su Saddam e la sua impiccagione esistono ipotesi e “plausibili”; ma ne leggeremo son certo.)
  4. La pagina sulla retorica dei giornalisti, sui luoghi comuni, sulla ricerca di notizie e curiosità, mirabilia e wunderkammer è una sintesi utile ai neofiti della scrittura giornalistica; di buon uso e maniera anche nelle scuole superiori e primi anni di università.
  5. Quanto a Gladio e alla doppia elica, al’intreccio, connessioni tra “terrorismo di destra e sinistra”, anche su questo delicato tema le Sue tesi-ipotesi non sono nuove, anzi. (Tenco non si sarebbe suicidato: la sua canzone a Sanremo 1967 suonava così: “Eran trecento, eran giovani e forto…”, ma sotto la citazione dalla “Spigolatrice di Sapri” si celavano i segreti di questa permeabilità sinistra-destra? E il viaggio di Tenco in Argentina “commissionato da Aldo Moro? *Mi riferisco alle ipotesi e al libro di Ragone-Guarnieri “Storia di un omicidio”, ed. Castelvecchi.)

Si potrebbe continuare per molto ancora; l’amicizia, l’amore o presunto tale tra Colonna e Fresia, il rapporto padre-padrone tra editore e giornalisti e tra editore e direttore.
Non prevale la delusione o sconcerto, ma certo è lontano il tempo dell’intreccio da Rubik de “In nome della rosa”; dietro questo palcoscenico scrittorio ci sono apparenti verità condite di bugie e bugie intrise di verità. Quel velo di Maya rimane sospeso, resta la voglia affabulatoria e la presenza di un autore non solo letterario, la lezione di scrittura e il vessillo di quel che dovrebbe essere la deontologia professionale del giornalista e la maggiore libertà artistica dello scrittore.
Insomma e in finis resta il busillis sul prossimo libro, sul chi (?) e come (?)e dove (?) e quando (?) e perché (?); ma sempre Eco, Umberto Eco.
PS. Nel confezionare un romanzo non manchi mai un lieto fine e se non proprio lieto una speranza; è quanto auspicato dai giornalisti Colonna e Fresia.

Marcello Napoli

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