creativi e autoproduzione
di Marcello Napoli –
UNO SPICCHIO DI LANA NELL’IRNO TRA OTTO E NOVECENTO
L’arte della lana nella Valle dell’Irno ha radici antiche; in un documento del 1509, Maria d’Aragona Sanseverino concedeva ai lanaioli dell’Irno, del Picentino e della Forania di Salerno la franchigia sul grezzo e sui manufatti, l’esenzione da ogni imposta sulle gualcherie, -i macchinari di epoca preindustriale per la manifattura della lana-, e sulle tintorie che sarebbero state impiantate in quei territori. La concessione si allargava sino alla facoltà di eleggere due consoli per l’amministrazione della giustizia commerciale al proprio interno; è tutto ciò che “non” si può fare, pensare, programmare oggi dove un ipotetico codice etico e legislativo europeo serve più da filtro, diga che da promotore di arti e mestieri. Il libro di Maria Dorotea, Mario e Raffaele Napoli, Mirko Polzone “Uno spicchio di lana nell’Irno tra Ottocento e Novecento”, edito da Ripostes, ricostruisce questa storia ora esplicitata dall’omaggio che le ha reso Nadia Farina a Baronissi. Si tratta delle sculture in ferro, dipinte a mano, dedicate ai lanaioli; una matassa e un arcolaio di 8 metri e mezzo come un obelisco, uno gnomone segnatempo e come una stella polare per non dimenticare le radici, la storia e le storie familiari. Una vicenda, quella dell’imprenditoria della lana che inizia con i Borbone all’inizio del ‘700 e finisce nell’omega frantumatorio del boom degli anni ’60. Un intreccio di storie si concentrano, in particolare, con i documenti scritti e gli oggetti, le macchine superstiti del Lanificio Napoli, tra i maggiori della Valle dell’Irno. Grazie a manifesti, carte contabili, oggetti per la cardatura, macchine tessili ancora intere, i quattro autori hanno circoscritto un punto di riferimento imprescindibile per ricostruire uno “spicchio” di storia locale con l’intento di mettere su un museo che funzioni da memoria, da specchio e da attrattore turistico. L’apparato documentario occupa due terzi del volume; si comincia con la disposizione dei macchinari nella fabbrica di Capo Saragnano e si prosegue attraverso le carte catastali con le mutazioni di quote societarie, atti di acquisto e di vendite, registri della Camera di Commercio e soprattutto immagini. Attraverso antichi telai del tipo Jacquard, stampe, antiche fotografie di casali ed ex fabbriche il volume documenta la vita e la storia di una comunità. Viaggiamo tra antichi palazzi, scopriamo cosa erano le spolette e a che servivano e ancora gli scardazzi, piccoli attrezzi muniti di dentini per cardare la lana e le caldaie di rame e ancora le piante che servivano per colorare o per dare un tocco estetico alle stoffe. Una storia “locale” fatta di piccole grandi cose, di famiglie, di imprenditori nel solco della scuola francese Des Annales. Attraverso questa ricerca, storia, documentazione, raccolta, si può rendere realizzabile quel circuito virtuoso tra università e città, tra i borghi e le strutture pre-industriali e artigianali tipiche di questo scorcio ancora immerso nella natura che è la valle dell’Irno.