creativi e autoproduzione
di Marcello Napoli –
UN LUOGO NEUTRO
“Franco Sortini ovvero il paesaggio come risultato della sottile alchimia che unisce la visione dell’ambiente naturale alla cultura, alle emozioni e alle sensazioni interiori del fotografo creativo.” Le parole di un maestro della fotografia come Franco Fontana, sono l’incipit, il passepartout, con cui si apre il bel libro di Franco Sortini “Un luogo neutro”, edito da Punto Marte. Dopo il reportage sulla “quarta gamma”, ovvero la produzione nella piana tra Pontecagnano e Battipaglia, in serra, in placente di cellophane e plastica opalescente, ecco che la ricerca di Sortini “si svolge all’interno di aree urbane e suburbane dell’Italia e di altri paesi europei e si concentra con prassi metodica nell’elaborazione di vedute oggettive degli agglomerati e delle infrastrutture che ne qualificano gli aspetti e i meccanismi”, scrive Carlo Gallerati, in uno dei piccoli, significativi saggi che compongono il volume. “Un luogo neutro” è un album solenne; le immagini pongono sì l’attenzione sulle strutture, sull’architettura, ma l’aspetto geometrico, materico va a sfumare in colori tenui, acquerello che vanno ben oltre l’iconografia da cartolina cui siamo abituati e subissati da decenni. Il telemetro interiore di Sortini conosce bene l’allineamento mente-cuore-occhio e all’oggettività dei luoghi aggiunge quel tocco di serenità, quiete, silenzi, colori che sono la cifra stilistica di questo reportage e del’autore. Sembrano, queste fotografie, figlie di quella “città ideale” rappresentata nel Cinquecento, tutto equilibrio e simmetrie, tutto prospettiva e allineamento non scontato, ma ricercato. La fotografia “mostra non dimostra”, ma la poetica di Sortini scavalca la nuda realtà che pur rappresenta; varca la soglia nella ricerca di un equilibrio tra vivibilità e strutture, tra l’uomo e i palazzi, le case, le strade. Anzi la non-presenza dell’uomo sta solo a significare che questo è il palcoscenico dove potersi muovere, incontrare, interagire in una costante, tiepida primavera di luci e ombre accennate. Può la fotografia sconfinare nella poesia e non nella mera rappresentazione? In questo libro vi è la dimostrazione che “sì, è possibile” questo connubio, questa alchimia, citata da Franco Fontana tra visione, sensibilità e cultura. Sfogliamo il libro e seguiamo il sentiero, il portolano di luoghi suggeriti da Sortini; “le sue passeggiate”, come le chiama. Esse richiamano alla mente le pagine memorabili delle passeggiate narrate da Robert Walser e sentiamo quanto la rappresentazione fotografica accarezzi la letteratura, la poesia, la pittura. Gli scorci delle città attraversate da Sortini, Torino, Berlino, Valencia, Brescia, Bologna, Milano, Salerno e dintorni “non sembrano più ammassamenti naturali, ma appaiono più libere, più aperte, proprio perché la materia vuole durare e la luce vuole salvarsi”, sottolinea Cristina Tafuri. Memore dei percorsi semantici e delle lezioni di Roland Barthes, Sortini ricorda che nelle immagini fotografiche “è custodita la vita di qualcuno”; i profili che vediamo sono l’involucro “ammaliante” di certe città. Il grigio dell’asfalto si rende docile alla luce e agli occhi di Sortini e ai nostri, diventa a volte roseo d’un pallore da sboccio prossimo venturo. Palcoscenici da rispettare, guardare con rispetto, a volte; questo è un ulteriore messaggio delle immagini, apparentemente silenti di Franco Sortini. La città “neutra” è quella dei e per i cittadini, né più né meno. L’autore si è occupato di grafica e pittura, per poi dedicarsi alla fotografia. Sotto la guida del maestro e amico Franco Fontana è passato dal bianco e nero al colore.