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creativi e autoproduzione

ottobre 15th, 2015
OBLIVION

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di Marcello Napoli

OBLIVION

“Vedere il futuro come la riva non toccata di un fiume”; è una delle tante, toccanti, veritiere frasi di “Oblivion”, edito da Oedipus, scritto da Edda Fabbri, uruguaiana, studentessa di medicina, di origini venete. Il titolo rievoca un brano di tango di Astor Piazzolla e niente più della struggente passionalità e voglia di vivere e di amare che il tango esprime, è presente nella storia, vissuta in prima persona da Edda Fabbri. Sono i primi anni Settanta e siamo in Sudamerica; in Uruguay. La scrittrice viene “prelevata” e portata in carcere e torturata. E’ accusata di far parte del fronte estremo dell’opposizione al governo militare-dittatoriale. Tupamaros, desaparecidos; sono termini che cominciano a far parte del nostro vocabolario, da allora. Edda ha fatto parte del Movimiento de Liberaciòn National Tupamaros. Dodici anni durerà la prigionia e il sogno di libertà e di una nuova società di Edda Fabbri. Dal 1971 all’85, dopo una celebre fuga e un breve periodo di pseudo libertà il lungo sogno sarà il ritorno a casa di Edda Fabbri, nonostante le torture e vessazioni continue. Oblivion “è scritto magnificamente in una prosa poetica che sintetizza saggi universali senza indugiare negli aspetti crudeli e cruenti dell’esperienza vissuta, ma senza negarli, in una rielaborazione che deriva dalla grande professionalità dell’autrice”; così scrive Rosa Maria Grillo, -docente di Letteratura sudamericana presso l’Università di Salerno-, nell’introduzione. Si intuisce che “il luogo della scrittura è il corpo”, se pur vilipeso, violato, torturato; ma è quello stesso corpo ferito, ma vivo che può scrivere o tacere. L’autrice e protagonista involontaria di questa storia vera, comune a molte altre, una storia che nessuno avrebbe voluto raccontare né sentire, scrive, non tace “per difendere il sorriso, il ricordo, la speranza”. Quella speranza, quei sogni che sembrano infranti da un muro e una grata, da torturatori e guardie asservite, sono gli stessi sogni e desideri di libertà e democrazia dell’ex presidente dell’Uruguay Josè Mujica, incarcerato per anni e salito al soglio di primo cittadino con la semplicità e senza odi o vendette. Una semplicità e umiltà e una dose di fermezza che papa Francesco sta portando con sé nel mondo come messaggio per tutti. Nelle parole di Rosa M. Grillo v’è un passepartout, un incipit melodioso per affrontare la lettura del romanzo-diario: “E’ una riflessione sulla memoria e sull’oblio; sulla dignità e sulla solidarietà; sul dolore, il corpo e la scrittura; su quel ‘noi’, – in spagnolo connotato grammaticalmente come femminile -, che è una affermazione di genere e nello stesso tempo generazionale e politico-ideologica.” Il libro scaturisce vent’anni dopo la liberazione di Edda Fabbri che nel frattempo costruisce una famiglia, torna alla vita da donna libera e da testimone di eventi cui non ci abitueremmo mai di sentire e vedere. Intanto a Roma continua ed entra nel vivo il processo Condor 35; si tratta dell’imputazione di torture e omicidi per una lunga teoria di complici della dittatura, 35. Golpe militari, brutalità, fosse comuni sono un capitolo doloroso, spesso costante, della storia del Sudamerica. Tra i sopravvissuti e testimoni, la Fabbri e la Isabel Allende; la loro scrittura ha il suono del perdono, della speranza e del ricordo.

Marcello Napoli

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