creativi e autoproduzione
di Massimo Consorti –
SUITE FRANCESE
Regia di Saul Dibb – 2015 – GB – CAN – FRA – Durata 107 min.
Con Michelle Williams, Kristin Scott Tohmas, Matthias Schoenaerts, Sam Riley, Ruth Wilson, Heino Ferch, Tom Shilling.
Centosette minuti di durata, lo stesso tempo di un romanzo incompiuto. Parliamo ovviamente di Iréne Nemirovsky e di questo Suite francese, baldanzosamente e pomposamente definito dalla produzione come “la più grande storia d’amore di tutti i tempi”. Roba da far impallidire Shakespeare e, giù giù, perfino Liala.
Eppure il messaggio della Nemirovsky, morta trentenne nei campi di concentramento nazisti, è chiaro: “l’amore non è felicità, ma solo l’ultimo rifugio della bellezza in un mondo fatto di orrore e perdita della dignità”. Tutto il film è segnato dall’espressione vuota e dal volto (volutamente?) senza pose volute né cercate di Michelle Williams. Il resto è contorno e neppure la bisbetica suocera sempre indaffarata nella riscossione degli affitti, interpretata da Kristin Scott Thomas, riesce a far sussultare alcunchè.
Basato strettamente sulla trama del romanzo, Suite francese si avvale di una regia che non ha dato tocchi né pulsioni, emozioni né sussulti. Lo scenario è quello dell’arrivo dei nazisti a Parigi. Sullo sfondo Vichy e il generale Petain, una resistenza ancora lunga da venire, i primi timidi tentativi di cavalcare una invasione strabordante e violenta. I nazisti ormai li conosciamo e sappiamo di quali nefandezze si siano macchiati. Ma questo film, in fondo, oltre alla curiosità per un’opera rinvenuta postuma e priva di un finale se non quello che si intuisce nell’ultima scena, a che e soprattutto a chi, serve?