creativi e autoproduzione
L’ECODESIGN TRANSITA PER L’AUTOPRODUZIONE
Ancora una volta il “progetto” torna ad essere il fulcro, il baricentro, il medium tra pensiero ed azione. Il termine progetto deriva dal latino “projectare” che significa gettare avanti, proporre; ne consegue che chi progetta spera in qualcosa, che ha qualcosa da raccontare, ma allo stesso tempo l’atto del progettare si rende superfluo quando non si ha nulla in cui sperare.
Giorgio Caporaso, architetto e designer, laureatosi presso il Politecnico di Milano ha costruito le sue speranze sin dagli inizi della sua attività professionale misurandosi con i temi della sostenibilità (visita il sito web di Giorgio).
Da subito ha imbastito una sceneggiatura, un dialogo intellettuale tra progetto e prodotto. Giorgio, quando racconta il suo percorso, parla di progetto profondo, di quel connubio tra idea e tecnica in grado di donare al prodotto un carattere forte. A tal proposito mi viene in mente quanto Giulio Carlo Argan affermava sul tema: “il progetto è, nel senso più attuale e preciso del termine, struttura. Tracciando le linee maestre … , e nello stesso tempo, negando che queste linee siano predestinate o prefisse, esprime in primo luogo la virtualità della condizione presente, le possibilità che ne sono implicite”.
Giorgio, ora, progetta per l’industria, ma quello che mi ha colpito è il fatto che la ricerca sulle sue opere modificabili l’ha condotta come autoproduttore, condizione che gli ha permesso di industrializzare un prodotto tenendo sempre ben chiaro il progetto iniziale. L‘ecodesign di Giorgio Caporaso testimonia che l’atto di projectare, di sperare, insito in un progetto profondo, può giungere ad un prodotto industriale effettivamente innovativo.