creativi e autoproduzione
di Massimo Consorti –
FURY
Regia: David Ayer – 2014 – USA – durata 134 min.
Con Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña, Jon Bernthal, Jason Isaacs, Scott Eastwood, Jim Parrack
Ancora guerra (la Seconda Mondiale), ancora l’eterna lotta contro i nazisti e i loro princìpi, ancora la follia hitleriana del “resistere sopra tutti e tutto”, ancora ragazzini chiamati a combattere quando anche l’onore è perduto e non resta che la disperazione.
Il sergente Don Collier è un sopravvissuto alle pagine più violente e feroci della lotta contro i tedeschi: l’Africa e lo sbarco in Normandia. Idolatrato dai suoi, vive la fase finale della marcia verso Berlino chiuso in un tank, uno Sherman che, apparentemente, nulla può contro i nazi-panzer. In un ultimo, disperato, suicida combattimento, Collier e i suoi tengono testa a trecento (numero ricorrente nella storia e nella cinematografia attuale), resistenti germanici fino al sacrificio finale.
Un normalissimo film di guerra che parte da due precedenti “nobili”, il Grande Uno rosso di Fuller e Salvate il soldato Ryan di Spielberg, ma che trova in un escamotage prettamente filmico la sua ragione d’essere e di esistere. Tutto il film, qualche sequenza a parte, si svolge all’interno di un carrarmato, e ciò consente di delineare i profili psicologici di quel gruppo di carristi destinati a sicura morte e a una vita da disperati psicopatici. Alle violenze seguono violenze, e agli squarciamenti senza fine perfino lo schiacciamento di un soldato sotto i cingoli dello Sherman. Insomma, la scelta di mostrare la Storia fuori dal tank vince, spielberghianamente, sulla storia dentro, in cui vite a confronto delineano conflittualità interiori degne di Freud.
Brad Pitt, al solito, è professionalmente all’altezza. Riesce difficile trovargli un difetto, e la speranza che resta a noi umani è che soffra almeno di una fastidiosa alitosi.