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APPROFONDIMENTO SUI BREVETTI CON L’ESPERTO

Nei due precedenti articoli abbiamo esaminato gli atti di concorrenza sleale tipizzati di cui all’art 2598 c.c. n. 1 e 2.
Come già anticipato, tale elenco non è esaustivo di tutte le possibili condotte anticoncorrenziali che possono essere esperite, ragion per cui l’articolo in questione si chiude con una cosiddetta clausola generale, volta a ricomprendere ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale, che sia idoneo a danneggiare l’altrui azienda.
Va osservato, che la disposizione di cui al n. 3 del summenzionato articolo, che si presenta formalmente come una clausola generale, ricomprende tuttavia una serie di fattispecie cosiddette tipizzate, che vengono ricondotte alla disciplina della concorrenza sleale, ciò a seguito di una cospicua applicazione giurisprudenziale della normativa in questione.
Tra le varie tipologie di condotte atipiche in questione, si distinguono quelle che alterano il mercato in modo generico, senza danneggiare un determinato concorrente, da quelle che invece si rivolgono ad un’impresa specifica.
Fa sicuramente parte del primo genus di fattispecie la pubblicità ingannevole, che viene considerata anticoncorrenziale nel momento in cui sia idonea ad ingannare anche solo astrattamente i destinatari, inducendoli in errore ad usufruire di prodotti o servizi che altrimenti non avrebbero acquistato. Esempi noti di pubblicità ingannevole od occulta si verificano attraverso le inquadrature televisive o cinematografiche mirate a mostrare le qualità di un prodotto non espressamente sponsorizzato, oppure i messaggi di apprezzamento da parte di conduttori televisivi, radiofonici o giornalisti.
Un’ulteriore fattispecie anticoncorrenziale appartenente al primo genus è rappresentata dagli illeciti ribassi di prezzo, in particolare nel momento in cui danno luogo alle cosiddette vendite sottocosto.
Un generale abbassamento dei prezzi non è di per sé vietato, essendo anzi la concorrenza sui prezzi una delle manifestazioni più utilizzate in un sistema di libera concorrenza. Ma nel momento in cui il costo è maggiore del prezzo finale di vendita, si presume che tale anomalia sia dovuta al solo fine di danneggiare le imprese concorrenti.
In merito, invece, alle condotte anticompetitive tipizzate mirate a danneggiare un’impresa specifica, specifichiamo, senza dubbio, la cosiddetta fattispecie dello storno di dipendenti. Un’impresa che vede i propri dipendenti dimettersi per trovare subito posto in un’impresa concorrente è danneggiata non solo a causa del ridotto numero del personale, ma ancor più per la perdita di valore creato, che andrà a beneficiare un concorrente.
Va osservato che lo storno di dipendenti non può essere considerato vietato in modo assoluto, dal momento che anche il mercato del lavoro deve essere tutelato, permettendo ai lavoratori dipendenti di scegliere liberamente il miglior offerente.
Proprio per l’impossibilità di trovare un bilanciamento oggettivo tra la tutela dell’impresa e quella dei lavoratori, tale condotta, seppur tipizzata, non è stata disciplinata dal codice civile, anche per permettere un’applicazione più elastica della normativa alla fattispecie in considerazione.
L’impresa che pone in essere tale condotta anticompetitiva beneficia altresì della possibilità di sottrarre segreti aziendali all’impresa a cui sottrae i dipendenti. Anche la sottrazione di segreti aziendali rientra nel novero delle fattispecie anticompetitive vietate. Ciò nonostante, un punto di criticità è l’individuazione delle informazioni qualificabili come segreto aziendale.
Naturalmente, la difficile reperibilità di tali informazioni, oltre che un valore economico delle stesse, costituiscono elementi a favore della qualificazione delle stesse quali segreti aziendali.
Altri fenomeni tipici di concorrenza sleale a danno di imprese determinate sono le cosiddette fattispecie di concorrenza parassitaria, che consistono nell’imitazione di iniziative imprenditoriali di imprese concorrenti, quali ad esempio l’imitazione dei prodotti, delle modalità di erogazione di un servizio o delle campagne pubblicitarie.
A margine dell’elenco delle azioni anticompetitive di cui all’art 2598 n. 3, può essere senz’altro citato il fenomeno del boicottaggio, ovvero il rifiuto di intrattenere rapporti commerciali con un’impresa determinata, al solo fine di arrecarle un danno ed impedirne la permanenza sul mercato.

Pietro Ilardi
Antonio Cammalleri

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