creativi e autoproduzione
LE DECLINAZIONI DELL’AUTOPRODUZIONE
Ogni materia mostra la sua struttura. (Fantasia 1977, B.Munari)
Rispetto alla riflessione di Munari, non fa eccezione la materia umana, come nel caso di Anita Trotta, architetta beneventana, che con estremo candore mostra il suo più intimo legame col design.
Cominciando dalla sua formazione alla facoltà di architettura di Napoli, racconta come per lei la sfera emotiva incida sulla progettazione, non che l’ispirazione di per sè sia sufficiente alla realizzazione di un prodotto, ma la sua validità è strettamente connessa alla capacità di esprimere sentimenti.
Difatti nelle opere della Trotta i colori caldi e le forme sinuose dichiarano gioia, passione, ironia ed eccentricità, difficilmente replicabili con la meccanizzazione richiesta dalla produzione per le grandi aziende (il sito web di Anita).
D’altro canto è l’oggetto stesso che denuncia la sua unicità, i dettagli riconducono alla personalità dell’autore con dedizione e affetto, una sorta di risposta alle attenzioni che la designer ha immesso nel processo creativo.
In questa fluida comunicazione si crea una differenza sostanziale fra sapere artigianale ed industriale, ove il primo fa emergere l’esclusività del rapporto fra l’attante ed il lavoro compiuto, il secondo interpone nel processo d’esecuzione una serie di volontà intermediarie, che rispondono a esigenze altre dall’artefice dell’idea.
In quest’ottica l’autoproduzione ha l’incredibile privilegio ed onere di esprimere e diffondere direttamente il proprio pensiero, senza logiche estranee allo spirito iniziale con cui si afferma, quasi un manifesto dell’onestà intellettuale, e mi permetto di aggiungere: emozionale.