creativi e autoproduzione
di Massimo Consorti –
STEVE JOBS
Regia: Danny Boyle 2016 – USA – Durata 122 minuti – Distribuzione Universal Pictures
Interpreti Michael Fassbender, Kate Winslet, Seth Rogen, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg, Katherine Warerson, Sarah Snook, Adam Shapiro, Perla Haney-Jardine, Ripley Sobo, Makenzie, Moss, John Ortiz
L’approccio mentale è stato quello di andare a vedere un film basato su una parte della vita di un genio, un “direttore d’orchestra” di una sensibilità unica, come unica è stata la sua vita all’insegna dell’innovazione. Solo alla fine mi sono reso conto di aver visto un film vero, su un personaggio realmente esistito e, affare più sorprendente, di esserne uscito come dopo aver ascoltato un concerto.
Steve Jobs, interpretato da un Michael Fassbender da urlo, è stato veramente un folle egocentrico/esaltato, come tutti lo hanno sprezzantemente definito fino all’avvento dell’iMac, o l’uomo capace di immaginare il futuro, come lo descrive Walter Isaacson, il suo biografo?
Tutto il film si svolge dietro le quinte. I successi e gli insuccessi si mescolano in un incessante allestimento di backstage, di inconvenienti dell’ultimo minuto, di una moglie che riesce sempre ad arrivare al momento sbagliato, di una figlia che lo vorrebbe accanto ma che lui ostinatamente rifiuta di riconoscere, di un ad della Apple che finge di sostenerlo fino a silurarlo, di Steve Wozniak, il socio del mitico garage che non riesce ad andare oltre l’Apple 2, di tutto un mondo che sembra mettersi di traverso proprio mentre Jobs avrebbe bisogno solo di presentare se stesso e il suo mondo fatto di prodotti esteticamente bellissimi. Ma c’è anche il “vigile urbano” della situazione, colei che gli sarà accanto fine alla fine e con la quale non andrà mai a letto (“Non siamo mai stati innamorati”), gli dice Joanna Hoffman/Kate Winslet, quando Jobs glielo farà notare. Il creatore dell’iPhone è un individuo testardo, arrogante, sfruttatore, un succhia anima che non si fa scrupolo di nulla e di nessuno, ma è anche il ragazzino abbandonato e privo di tenerezza che si acciambella su se stesso come un gatto in cerca di coccole. Spiccano gli sguardi di Fassbender dietro gli occhiali, un quasi schermo, un riparo sicuro contro i missili che partono da ogni direzione, ma che esplodono prima di sfiorarlo. Spicca, in questo film, il lato “uomo normale” di Jobs. Tantissimi insuccessi fino ai lanci di oggetti che hanno condizionato il mondo, l’iPhone, l’iPod e l’iPad che non sono solo il risultato della ricerca e dell’abilità di ingegneri, programmatori e designer, ma gli ispiratori di un genere di vita che, dopo il loro avvento, non sarà mai più la stessa.
Il film è assolutamente da vedere e a Fassbender bisognerebbe dare non uno, ma almeno tre Oscar.